Ed ecco finito Il Signore degli Anelli. Nel mezzo sono
passati altri libri, una vacanza intera, e tanti pensieri che attendono
disordinati di essere messi su carta. È stata un’emozione arrivare alla battuta
finale di Sam Gangee “Sono tornato”. Un groppo in gola che non pensavo si
sarebbe verificato di nuovo. Cosa mi ha lasciato questa ennesima rilettura de
Il Signore degli Anelli? Una consapevolezza maggiore di quanti livelli la compongano. Da una parte ci sono i
grandi personaggi, come Gandalf, Aragorn, la Dama Galadriel, Elrond, i Signori
del Mark e i Sovrintendenti di Gondor. Assomigliano alle figure bidimensionali
protagoniste delle grandi epopee e dei carmi eddici del passato letterario
scandinavo e anglosassone, tanto caro a Tolkien. Tra di loro non avrebbe
sfigurato Sigurdhr, l’alter ego norreno di Sigfrido, Beowulf e il suo orrido
antagonista Grendel, con il loro coraggio ultraterreno, la volontà di
combattere e di coprirsi di gloria affrontando sfide impossibili. Sono grandi
figure, ammantate di potere anche quando vestono di stracci, hanno spade
forgiate da elfi antichi, fabbri sconosciuti ma immensamente savi. Le loro
parole sono sempre importanti, gravi, vedono lontano, sanno prendere decisioni
gravi, e quando sbagliano, ammettono le loro responsabilità con serietà. Sono
affascinanti, ma…sono figure. Spesso è il loro ruolo che parla e cammina, e la
loro umanità viene in secondo piano. Il ritmo cambia decisamente quando
abbassiamo lo sguardo sugli Hobbit. Sono loro la vera chiave della vicenda.
Sono loro che si trasformano, crescono, cambiano e diventano forti, in grado di
resistere agli orrori e di difendersi da soli. Al pari degli anelli, battuti
dai fabbri per essere forgiati e infusi di poteri immensi, gli Hobbit sono
quelli che passano le prove più dure per diventare esseri umani (oppure Hobbit,
visto che ci siamo) a tutto tondo. I re rimangono re, anche se vestiti di
stracci, mentre i piccoli Hobbit, da creature dedite alle passeggiate e alle
grandi convivialità, crescono e si trasformano in persone capaci di prendere in
mano le situazioni e trasformarle. Il senso di tristezza introdotto dalle
parole di Gandalf, per cui tutto sarebbe cambiato e niente sarebbe rimasto
uguale a prima, dopo la sconfitta di Sauron, si ritrova soprattutto nelle
vicende dei piccoli.
mercoledì 28 agosto 2013
martedì 20 agosto 2013
Buffy & Angel – L’antagonista del vampiro nella sua incarnazione femminile.
Finora, ho riempito il blog di sufficienti figure di vampiro
per darne un’ampia scelta: creature antiche come Lord Ruthven e Dracula,
anticipatrici come Vespertilia della più attiva Carmilla, luccicanti e contro
corrente come i Cullen. Tutti considerati nemici del genere umano, considerato
come succulento e necessario cibo per alimentare l’altrettanto contro corrente
vita eterna. Non è sempre così, tuttavia. Se nasce una minaccia, sorge anche
chi la combatte e la contrasta. Nel nostro caso, emergono i cacciatori di
vampiri. Antenato della figura combattente è lo scettico inglese Robert, che
rimanda al riposo eterno la terribile “vamp” (vampira e seduttrice) Vespertilia
tramite un paletto di legno nel cuore immobile. Troppo razionale e legato a ciò
che può sperimentare nella realtà, Robert non si lascia minimamente spaventare
da quelle che considera sciocche superstizioni e passa all’azione. Stoker, più
tardi, perfeziona il personaggio con il suo Van Helsing. Grazie allo scrittore
irlandese, il vampiro scopre di avere un
antagonista, un umano che non ha paura di lui e che, anzi, prende le armi per
annientarlo. Nel corso del tempo e dei romanzi scritti, capita che il
cacciatore diventi cacciatrice. Una delle più famose cacciatrici di vampiri è
il personaggio televisivo di Buffy Sommers, protagonista della serie Buffy The
Vampire Slayer. Il fulcro della vicenda ruota intorno ad una liceale americana
di sedici anni, che scopre di essere la prescelta per lottare contro le forze
delle tenebre incarnate dai vampiri, aiutata e affiancata da una serie di altri
personaggi suoi amici. Il libro di Elena Romanello, scoperto al Salone del
Libro di quest’anno, offre una rapida sintesi delle sette stagioni televisive
della serie, e prende in esame la figura di questa cacciatrice, andando anche a
rintracciarne le origini nel folklore letterario mondiale. Buffy Sommers, che
ha l’aspetto nella realtà catodica dell’attrice Sarah Michelle Gellar, è una
bionda fanciulla dall’aspetto ingannevolmente dolce e minuto.
domenica 11 agosto 2013
La lettrice bugiarda – La vita nel pizzo
Quando guardo i libri negli scaffali di una libreria,
cercando il prossimo “da adottare”, mi ritrovo spesso a far correre la
fantasia, pungolata dal titolo, per cercare di indovinarne la trama. Trama che
di solito diventa del tutto personale, lontana da quella oggettiva, che poi
evapora nel momento in cui leggo la presentazione nella copertina. Mi
incuriosiva questa lettrice, e per di più bugiarda. Sono molto attirata dalla
parola “lettrice”, perché mi sento tirata in causa per prima e poi, perché
cresce l’aspettativa di essere presentata ad un’altra come me. Capita che
questa parola sia seguita da altri termini, che la definiscono con maggior
precisione. Una lettrice può essere molte cose, Irriverente o Rampante, come le
proprietarie dei rispettivi blog, oppure di tarocchi, di fondi di caffè, di un
certo tipo di libri, ecc., ma “bugiarda” ...? E’ una lettrice che mente su
quello che sta leggendo? O è una persona che legge, abituata a mentire per
abitudine? Per scoprire di più sulla trama, e mettere a tacere altre domande
insensate come queste, mi sono decisa a leggerne il riassunto. Scopro che al
centro di questo libro c’è una famiglia di donne strane e bizzarre, tutte
dotate di un potere particolare, la capacità di leggere il pizzo, che vive a
Salem, che custodiscono un segreto pesante, hanno subito perdite e ferite
copiose, e due di esse sono gemelle. Un’occhiata, come di consueto, al titolo
originale, The Lace Reader, e via verso
la cassa. E’ un’abitudine che ho da sempre, per sentire come suona il titolo
nella sua lingua madre. Un altro forte elemento di richiamo di questo libro, è
l’ambientazione a Salem, città americana diventata tristemente famosa per una
cruenta caccia alle streghe nel XVII secolo, che ha colpito la fantasia di
diversi scrittori, come Nathaniel Hawthorne, nato lì, autore de La letterascarlatta, e come Stephen King, che vi ha infilato una spaventosa bocca
dell’inferno, e Melissa La Cruz, che la rievoca nei ricordi delle sue dee in
incognito. Brunonia Barry, l’autrice di
questo libro, ci invita nella Salem del 1996: una città moderna, che vive
grazie al mare e al suo indotto, fatto di pesca, ma anche di barche a vela e
regate, e di una particolare branca di turismo, quello dell’occulto. Quest’ultimo
affonda le sue radici nell’immaginario collettivo, secondo cui Salem è diventata,
grazie a quell’evento sanguinario, la città delle streghe. Ai giorni nostri, esistono
congreghe di streghe che allestiscono negozi in cui vendono incensi, pozioni e
filtri, rimedi naturali, e che talvolta partecipano alle rievocazioni delle
cacce spietate di qualche secolo prima, per attirare e impressionare i turisti.
La voce narrante del libro è Sophya Whitney, che si presenta in modo del tutto
singolare: “Il mio nome è Towner Whitney.
No, non è esatto. Il mio vero nome di battesimo è Sophya. Non dovete credermi.
Mento continuamente. Sono pazza…questo è vero. Mio fratello minore, Beezer, più gentile di me, dice la mia è una
pazzia genetica. ‘Siamo pazzi da cinque generazioni’, afferma, come se fosse un
distintivo da portare con orgoglio, sebbene ammetta che io potrei aver alzato
il livello della nostra pazzia.” (Brunonia Barry, La lettrice bugiarda,
Garzanti, pag.11)
mercoledì 7 agosto 2013
Il Vampiro e Un mistero della campagna romana – I veri protagonisti si nascondono
Continuano le letture “rinfrescanti”. Dopo i mostri reali,
avevo bisogno di ritornare a quelli letterari, o anche solo “metaforici”.
Saruman ha appena ricevuto schiaffoni in piena faccia dagli Ent, che gli hanno
letteralmente distrutto casa da sotto i piedi, e fatto fare una fine misteriosa
e terribile ad una buona parte dei suoi eserciti contro natura, e ora sta
affrontando Gandalf e Aragorn, decisi a tenere le orecchie chiuse ai suoi toni
mellifui da incantatore di serpenti. E, per contrastare il caldo, e rituffarmi
nell’amata letteratura inglese, ecco un altro vampiro letterario, che fu un
piccolo caso, a suo modo. Anche John William Polidori, il suo creatore, fu un
esempio singolare di uomo. Di origine italiana, fu medico, scrittore e segretario
nonché dottore personale di Lord Byron. Dev’essere stato un temperamento
particolarmente brillante e sanguigno, allo stesso tempo, di quelli che sentono
le emozioni espandersi in tutte le fibre fino ad impadronirsi della mente e
zittirla con impeto. Si laureò a vent’anni a Edimburgo, e costruì un rapporto
difficile e tormentato con il suo datore di lavoro e amico, nonché nemico e
principale antagonista, Lord Byron. Un rapporto in cui odio e amore erano
talmente intrecciati da confondersi e sconfinare nella morbosità e nello
scontro continuo. Dopo una rottura particolarmente esasperata con il poeta
inglese, e aver passato un brutto periodo di ristrettezze economiche,
trovandosi nell’impossibilità di saldare un debito, Polidori compose per se
stesso un veleno, con cui si tolse la vita nel 1821. Una fine “romantico-gotica”,
potremmo dire, perfettamente allineata con quella parte della tarda letteratura
Settecentesca, che virava verso il terrore e il fantastico, che aveva in Horace
Walpole e Anne Radcliffe i suoi massimi esponenti. Bram Stoker sarebbe arrivato
da lì a poco a rafforzare questo flusso, con il suo Dracula (1897), e a
trasformarla in qualcosa di più, di una semplice corrente letteraria. Ottantuno
anni prima, nel 1816, Polidori creò il suo Vampiro, in un’occasione
particolare, diventata poi celebre nella storia della letteratura.
domenica 4 agosto 2013
Il bambino indaco – Una discesa nell'oscurità.
Ho comprato questo libro un paio di mesi fa, e
contrariamente alle mie abitudini, e alla mia lista infinita, ho deciso di
farlo passare davanti a tutti gli altri, incuriosita anche dalle parole di
Laura del blog La Libridinosa che l’aveva appena letto, e ne aveva l’amaro in bocca. Cosa
ho trovato io, in questo libro? Una storia horror. Di quelle in grado di
tenerti sveglio e terrorizzato anche in pieno giorno. Di farti avere attacchi d’ansia
e ripensamenti quando fai bilanci nella tua vita, o guardi le persone che
vivono con te, nella tua stessa casa, e ti chiedi improvvisamente se le
conosci, se ne vedrai mai il mostro ottuso, se cambieranno mai, se ti
parleranno e ti considereranno sempre senza odio. Nessun vampiro, nessun Freddy
Kruger, nessun Jason da Venerdì 13, nessuna creatura aliena dai mondi paralleli
di Lovecraft. I mostri di questa storia che ho definito impropriamente horror,
sono quelli che dormono nei nostri corpi di esseri umani, di cui dubitiamo
persino l’esistenza, e ci rallegriamo quando non ne vediamo traccia allo
specchio, e tendiamo a considerarli per questo alla stessa stregua dell’Uomo
Nero con cui ci spaventavano da bambini per farci dormire. Spauracchi che non
esistono, non sono reali. E chissà poi cosa ci vuole, per farli uscire, sempre
che esistano...grandi tragedie, grandi lutti. Oppure, come in questo caso, un
evento del tutto umano, normale, quasi banale, ma sempre straordinario ogni
volta che si verifica, a tutte le latitudini del mondo. Carlo e Isabel sono una coppia di giovani
uguali a molte altre, che si dividono tra Padova e Treviso, in una relazione
gioiosa e pacifica, prima di unire le vite in un matrimonio molto desiderato e
visto come il punto di partenza per una vita intera di progetti magnifici.
Carlo è un piccolo imprenditore, con i piedi per terra, con precedenti
esperienze sentimentali poco felici, e molto coinvolto nell’atmosfera di
intimità e di pace in cui Isabel, bella ragazza svizzera dall’atteggiamento
consapevole e spirituale, ha saputo accompagnarlo. Quando lei scopre di essere incinta,
la perfezione di quel mondo a due è consolidata e cristallizzata.
Apparentemente. Una notte, Carlo è convinto di sentire Isabel piangere in
bagno, ma alle sue richieste di spiegazione, la moglie non risponde se non
veloci rassicurazioni. Da quel momento in avanti, il porto intimo della vita di
queste due persone si sbriciola pezzo per pezzo, inesorabilmente. Non c’è verso
di fermare la corsa verso la distruzione finale, nonostante tutti i disperati e tardivi tentativi almeno di deviarla. Non
anticipo nulla degli avvenimenti, che si possono anche intuire piuttosto
facilmente. L’autore ha saputo raccontarli trasformando la morbidezza delle
parole che descrivevano il rapporto prematrimoniale dei due protagonisti, nella
successiva incredulità, durezza, odio, cospirazione, dolore, estraniamento che
man mano hanno fatto irruzione nelle tre vite coinvolte. Attraverso gli occhi
di Carlo, vediamo Isabel trasformarsi in un autentico mostro: non esiste più la
ragazza bella, morbida, innamorata dell’arte, studiosa di spiritualità,
creatrice di oggetti belli per sé e la propria casa. Muore lacerata dagli
artigli del gelido ideale di madre superiore, perfetta accuditrice di un figlio
sano e forte, che la porta a isolarsi cieca nella sua fortezza di
consapevolezza e a considerare gli altri e il mondo oscure minacce mortali da
tenere a bada, a colpi di diete, incensi, meditazioni, rimedi naturali, alimentazione
sana e povera. Spinta dal suo desiderio abnorme di essere una madre totale,
Isabel diventa cieca e sorda. L’unica cosa che concepisce è che lei, e il
marito, devono sforzarsi. Devono dare il massimo, insieme, devono sforzarsi,
sforzarsi, sforzarsi. In alcune pagine che raccontano i primi inizi della
corrosione della natura umana di Isabel, questa è la parola più usata, e
ricorre come un’arma scagliata ad ogni piè sospinto, per soffocare ogni
tentativo di comprensione, e di richiesta. Il marito diventa un problema, un
aguzzino che non la capisce, che non vuole accompagnarla nella sua missione di
proteggere suo figlio dall’inquinamento mortale del mondo, che ha smarrito se
stesso e i ritmi della vita. Il figlio diventa un problema, ha bisogno di
troppe attenzioni, troppe cose per crescere, spinto da una preponderante fame
primordiale. Mentre accusa il mondo di essersi smarrito, Isabel smarrisce se stessa
sempre più, fino a prendere decisioni terribili e disumane per il suo stesso
bambino. In tutto questo, Carlo assiste quasi cieco e paralizzato. Probabilmente
è difficile capire, per un uomo, perché l’istinto di una madre, di solito volto
alla vita, segua la direzione totalmente contraria, pur mantenendo la
convinzione di agire per il bene. Pur sforzandosi
di aiutare sua moglie e suo figlio, Carlo sembra sempre arrivare in ritardo, e
agire sempre troppo lentamente, come se vivesse in un sogno brutto e malsano,
dove i movimenti sono appannati e rallentati. Si rifiuta di credere che l’inferno
faccia parte della sua realtà, e ci vorrà molto tempo perché lo guardi in
faccia, ben oltre il tempo scandito dalle pagine stesse. L’azione definitiva,
per una parte della storia, verrà compiuta da un’altra donna, la madre di
Carlo, che accetta senza vacillamenti di esporsi ad un danno irreversibile per
fermare il cammino impazzito della locomotiva Isabel, senza più controllo.
Come ho detto, questa mi è sembrata una storia horror, una
di quelle che mi terrà sveglia, a riflettere. E’ uno dei lati dell’Estate al
Femminile, quelli che stanno più volentieri tra le ombre. Non essendo madre,
non so capire perché e che cosa, nell’alchimia che trasforma una donna in
madre, sia andato storto e si sia pervertito. Posso solo presumere che la
terribile “ansia da prestazione” di cui sono generalmente afflitti gli uomini
in certi campi delle loro azioni, tenda a colpire in questo modo le donne,
soprattutto quelle più esposte e insicure, trasformandole in nutrici cieche e
mortali. Mi vengono in mente i centinaia di casi di cronaca, in cui le madri
non reggono le pressioni cui loro stesse si sottopongono con crudeltà, e
distruggono se stesse e le famiglie che hanno creato. Isabel capisce bene che i
ritmi di vita seguiti nell’Occidente non seguono più quelli della vita
universale, ma questa sua consapevolezza finisce per alimentare le sue ansie,
piuttosto che spronarla a rafforzarsi e a cercare e mantenere un equilibrio
spirituale sano. Le viene detto che il suo bambino sarebbe stato una creatura
speciale, di qualità superiore, un bambino indaco, e Isabel, nel tentativo di
essere all'altezza di questo dono, perde completamente di vista la sua capacità
di costruire per proteggere, e si isola, allontanando tutto e tutti. Nel libro,
la questione della superiorità del bambino non viene mai affrontata
apertamente, né viene smentita, affermando che si tratta di un “normale” essere
umano. Tuttavia, non posso fare a meno di domandarmi se, per ogni madre, il
proprio bambino non sia in fondo un “indaco”, un essere speciale, a prescindere
dal fatto che lo sia sul serio!
venerdì 2 agosto 2013
Gli Archetipi - Un ottimo modo per conoscerli
Un post velocissimo sugli Archetipi, di cui ho parlato qualche giorno fa, a proposito de Il Signore degli Anelli.
In Rete, e più precisamente nel Blog di Visione Alchemica, ho trovato un lungo ed esauriente articolo su cosa sono gli Archetipi, da dove derivano.
Cito solo la definizione che ne hanno dato Socrate e Platone, considerandoli i mattoni dell'universo, su cui costruire la vita umana.
Seguite il link, tuffatevi all'origine di tutto:
In Rete, e più precisamente nel Blog di Visione Alchemica, ho trovato un lungo ed esauriente articolo su cosa sono gli Archetipi, da dove derivano.
Cito solo la definizione che ne hanno dato Socrate e Platone, considerandoli i mattoni dell'universo, su cui costruire la vita umana.
Seguite il link, tuffatevi all'origine di tutto:
Il segreto della libreria sempre aperta – Quasi un fantasy.
Probabilmente l’autore mi riderebbe in faccia, e anche di
gusto, se leggesse questa mia definizione. Tuttavia, mentre ragiono su questo
libro, che mi ha interessato e divertito molto, mi viene da pensare che sia riuscito
a trovare il modo per scrivere un fantasy sotto mentite spoglie, intrecciando a
perfezione elementi molto moderni, tra cui la presenza augusta e monumentale di
Google. Sì, QUEL Google. La società fondata da Sergey Brin e Larry Page, due
brillanti studenti innovatori che iniziarono a creare un motore di ricerca, per
la catalogazione e il reperimento delle pagine, fotografie e materiale più
interessante e meritevole della Rete, e finirono per dare vita AL motore di
ricerca per eccellenza e ad una serie molteplice di servizi web come Blogger,
che ospita anche le mie elucubrazioni da furia libresca. Perché parlo di
fantasy? Il libro preferito del giovane protagonista, Claymore Jannon, ha un
titolo che ha attirato anche la mia attenzione: Le cronache del canto del
drago. Al punto da pensare se cercarlo o meno, in Google...Ritorniamo un
momento al libro. Claymore Jannon, conosciuto più facilmente come Clay, è un
giovane webmaster sveglio e dotato di senso di umorismo, che vive a San
Francisco, dove porta avanti con entusiasmo il lavoro che ama, occuparsi del web
marketing di un’azienda specializzata in bagel, focacce di pane molto
apprezzate. La crisi mondiale scoppiata nel 2008 mieterà vittime nell’automotive,
ma anche nel settore del fast food, costringendo l’azienda di bagel a chiudere
dopo una breve e furiosa lotta per resistere, e rimettendo di colpo il giovane
Clay sul mercato del lavoro, insieme a milioni di concorrenti. Dopo lo
stordimento iniziale, diversi tentativi di ritornare a svolgere un lavoro
digitale, Clay si arrende e si dispone a cercare, e accettare, un lavoro anche “fisico”,
che gli permetta di sostentarsi e continuare a vivere in appartamento con i
suoi due coinquilini, Matthew Mittelbrand, brillante tecnico di effetti
speciali piuttosto strambo, e Ashley Adams, perfetta padrona di casa e imprenditrice
modello. Dopo diversi tentativi a vuoto e un inizio strisciante di pessimismo
disperato, Clay trova lavoro, al turno di notte, presso La libreria sempre
aperta del Sig. Penumbra. Un negozio bizzarro, un titolare bizzarro, e anche un
orario bizzarro. Ma così allettante...e verosimile, al punto che ho provato la
tentazione di capire se esistevano davvero librerie di quel tipo, per mandarvi
un curriculum. Inizia quello che sembra un banalissimo lavoro di commesso in
una libreria, per quanto di notte: presentare e vendere i libri richiesti agli
scarsissimi acquirenti che varcano la porta del negozio dopo le 20.00, fino
alle 6.00 del mattino, circa. Poco dopo, iniziano le stranezze: esiste un
settore della libreria, situato molto in alto lungo le pareti e raggiungibile
solo tramite lunghe e pericolanti scale, che contiene libri da prestare, mai da
vendere, e soprattutto, mai da sbirciare, a determinate persone munite di una
determinata tessera, che ne fanno altrettanto determinata richiesta. Oltre ad annotare
il giorno del prestito e il codice del libro, Clay riceve l’espressa istruzione
di prendere nota dell’abbigliamento, dell’atteggiamento e dell’umore dell’utente. Un circolo di
lettori, quindi, che non acquistano i libri (almeno, non quelli) e che forse
fanno parte di un esclusivo club di lettura, e sempre rigorosamente di notte. Si
tratta soprattutto di lettori anziani, esigenti, compresi in qualche compito
importante, che ogni tanto si fanno sfuggire frasi criptiche, che sanno di
mistero iniziatico. La curiosità di Clay viene stuzzicata progressivamente,
finché arriverà a violare la regola principale della libreria, ovvero mai
sbirciare nei libri della sezione in alto che vengono concessi in prestito, e
scoprirà la presenza delle tracce dell’autore del suo libro preferito, Le
cronache del canto del drago. Non racconterò altro della trama, che vede
iniziare una sorta di “ricerca” secondo i rigorosi criteri del fantasy, che deve
condurre alla scoperta del segreto custodito da questa bizzarra libreria e dal
suo sorridente e misterioso titolare, il sig. Penumbra. Come nella migliore
tradizione di fantasy, il protagonista scopre alcuni indizi di questo segreto e
chiede aiuto a validi aiutanti per portare a termine la sua missione, che si
svolgerà tra librerie sotterranee e laboratori di Mountain View, la sede di
Google. Viene costituita anche qui una Compagnia, che non protegge un anello,
ma cerca un Libro in particolare, e i suoi componenti ricalcano le
caratteristiche del condottiero (un amico di infanzia di Clay, gran giocatore
di giochi di ruolo, e ora imprenditore digitale di successo), del mago (un
tecnico informatico di Google, una graziosa ragazza sveglia e ambiziosa, per
breve periodo fidanzata di Clay), e del guerriero senza paura (Matthew, “Mat”
Mittelbrand, il creatore di effetti speciali non solo al pc). La ricerca è
arricchita di una buona dose di suspense
sdrammatizzata dalle battute ironiche di Clay, e da colpi di scena per così
dire “ridimensionati”: niente assassinii, furti, gesti eclatanti o sentimenti
sopra le righe, ma il continuo intervento della logica e del buon senso che
stempera tute le situazioni. Molti lettori vedranno anche qualche luogo comune
che normalmente fiorisce nel settore: l’irrigidimento nella distinzione tra semplice
lettore e “vero” lettore, la tendenza al settarismo, all’esclusione del nuovo
ad appannaggio di un vecchio ritenuto più puro e significativo, il libro di
carta contro quello digitale. Tendenze molto, molto umane, applicate ad un
campo e ad una situazione che sono molto lontani dall’essere pericolosi o
portatori di danni, e in questo si avverte anche il filo ironico che
contraddistingue l’autore, e non solo il suo personaggio portavoce, Clay. La ricerca
ha un risvolto serio, da missione, ma viene condotta con molto sorriso e buon
senso, tant’è che darà frutti positivi per tutti coloro che sono coinvolti,
senza perdite, né umane, né di alcun genere. Ho letto questo libro come la
dimostrazione, in chiave divertente e rilassata, di come gli esseri umani
riescano a fare di un gesto semplice, o di un’intenzione aperta, qualcosa che
assomigli ad una tragedia. E un semplice invito, in sottofondo: viviamo più
sereni!
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