LoreGasp
Quando la presentazione di un libro rimane talmente nelle
orecchie e nella memoria, da riviverla in continuazione. E da imprimere
un’altra svolta al proprio corso. Se non ne scrivo, non riuscirò bene a vedere,
a sentire, a scoprire.
Sto parlando della presentazione dell’ultimo libro di
Aldo Cazzullo,
Metti via quel cellulare, scritto a sei mani con i suoi due figli,
Francesco e Rossana, e dedicato alla riflessione di quanto siamo chini sugli
smartphone per tutta la durata della nostra vita da svegli, toccando anche
diversi altri punti. Nella posizione elevata del Municipio di Verduno,
circondato da libri antichi e da una natura autunnale a dir poco maestosa, Aldo
Cazzullo si è seduto su una delle poltroncine del palco, che vedete qui sotto,
e ha dato “vita”. Non solo al suo libro. Ad un mondo di riflessioni, ricordi e
aneddoti di natura diversa, personale, pubblica, sociale, letteraria, che è
vissuto davanti ai nostri occhi e in quella parte dei nostri emisferi cerebrali
in cui immagazziniamo emozioni, sensazioni, energie.
Coadiuvato da due studenti di teatro, un ragazzo ed una
ragazza (quasi gli avatar dei suoi figli, tanto per rimanere in tema virtuale…),
che hanno letto stralci del suo libro con voce ed energia particolarmente ampie
e vivaci, l’autore ha condiviso con noi le sue opinioni sul mondo virtuale che
ci siamo costruiti e che portiamo sempre nello smartphone, e molto, molto di
più.
Aldo Cazzullo non ha bisogno di presentazioni di “carriera”:
è un nome noto, da molti anni, nel giornalismo e nella scrittura. I suoi
articoli per La Stampa e per Il Corriere della Sera sono letti,
riletti, condivisi, criticati, amati, odiati, su tutto il territorio. I suoi libri,
un elenco ben lungo e nutrito, sono letti, richiesti, ricercati. Sono riuscita
a leggerne solo uno, diversi anni fa, I ragazzi che volevano fare la
rivoluzione, sulla storia di Lotta Continua, ed ero rimasta colpita dal suo
stile giornalistico di raccontare, ma caldo e bilanciato.
Non avevo ancora ascoltato lui.
Non saprei proprio dire quanto sia durata davvero la
presentazione, se non… troppo poco. Troppo poco, per quell’universo di cui ha
schiuso la porta. Il libro e la sua riflessione era il punto di partenza, ma
dove ci ha portati, con le sue parole sempre giuste, mai mancanti, tanto
avvincenti? Da Ungaretti, e il modo in cui le sue poesie sono state pubblicate:
una storia di fiducia appesa ad un filo precario e instabile, in piena Prima
Guerra Mondiale. Da Beppe Grillo, prima della sua trasformazione politica, e
nella sua capacità di prepararsi e comunicare con le persone nel modo
chirurgicamente ESATTO in cui esse vogliono che si comunichi con loro. Da Bill
Gates e il suo essere prima di tutto un businessman. Nelle Langhe del secondo
dopoguerra, dove il paesaggio e la vita non erano così belli e placidi, e i
nonni dell’autore si scavavano la vita con forza e resistenza.