Lo strano mondo di Alex Woods
Gavin Extence
Quando
ripenso all’anno passato a leggere nel cubicolo (la minuscola
camera da letto), capisco che sono stati
i libri a impedirmi di crogiolarmi nell’autocommiserazione e a convincermi che
tutto sommato la mia vita non fosse così schifosa. Con un libro in mano non mi
sentivo più imprigionato in un mondo minuscolo. In realtà, mi ripetevo, ero
soltanto legato al cervello, e non
era poi una condizione tanto terribile. Il mio cervello, con un po’ d’aiuto da
parte dei cervelli degli altri, era in grado di trasportarmi in luoghi
meravigliosi e di creare interi mondi di cose meravigliose. Nonostante i suoi
difetti, decisi, il mio cervello non era il posto peggiore in cui abitare. Voce fuori
campo dell’Amanita: questo è autentico furore libresco!
Scena in libreria.
Prima sentenza a titolo e copertina: con
quella faccia lì, sfido che il tuo mondo è strano.
Poi guardo il titolo originale. The Universe
versus Alex Woods.
Woods, cosa hai fatto all’universo? Poi riguardo
la copertina e devo ribadire il concetto: con quella faccia lì, anch’io penso
“Erode, dove sei?”.
Decisamente: la copertina è un vero
invito a correre ad espellere scorie solide. Meno male che sono andata oltre.
Be’, a dire il vero, l’ho comprato solo
perché era in offerta. La curiosità è arrivata dopo: ci sono facce peggiori al
mondo eppure non si attirano le ire dell’Universo…
Alex è un ragazzino di dieci anni, già
strano di suo: interesse precoce per la scienza, figlio di madre single
“alternativa” che gestisce un negozio di articoli esoterici, con angolo
dedicato alla lettura dei Tarocchi; una sera, una <<scheggia>> (alla
faccia della scheggia: un paio di chili) di meteorite sfonda il tetto di casa
sua e centra proprio la sua testa. Alla sua condizione singolare aggiungiamo
gli attacchi epilettici post traumatici.
Sfigato, amante dello studio e della
lettura, mentalità scientifica… aggiungiamo anche la candidatura a vittima
ideale dei bulli della scuola.
Stringe un’improbabile amicizia con un
vedovo reduce del Vietnam, che coltiva cannabis in solaio e legge Kurt
Vonnegut. E qua saluto Marco “Salomon” de l’Argonauta Xeno: mi sono scervellata
a lungo per capire dove avessi già visto ‘sto Vonnegut.
Quest’amicizia lo porta ad una scelta
ardua: quando il signor Peterson si ammala gravemente, Alex decide di
accompagnarlo in una clinica svizzera.
A parte le citazioni musicali note ed
amate (Alex scopre che certa musica classica lo aiuta), ci sono grandi
questioni qua dentro.
Quella del proprio cervello come posto
da abitare è grandiosa. Sperimentato sulla mia pelle: una volta capito come
funziona (o non funziona, c’è da mettere in conto anche questo), è davvero un
posto sorprendente.
E poi l’eutanasia.
E qua tocca un nervo scoperto.
È <<vita>> una macchina che
mantiene stabili gli impulsi elettrici del cervello, fa respirare e battere il
cuore?