martedì 29 aprile 2014

L'Amanita#27 - Il custode delle anime


Il custode delle anime
Maurizio Bonfiglio

Una Torino nera, illuminata da Gustavo Rol, in cui si consuma una vendetta senza eguali.
Questo, bianco sul nero della copertina, mi ha spinto alla cassa senza obiezioni.
A volte sono molto di parte: nonostante le mie origini variegate, adoro Torino ed il Piemonte; e poi Rol mi ha sempre affascinato.
In parte sono stata esaudita.
Un dettaglio gustoso: le candele nere acquistate in piazza Solferino, nei pressi della famosa fontana… o la citazione del famigerato incendio del cinema Statuto (all’epoca abitavo tre isolati <<più su>>: vidi il fumo da casa).
Meno gustoso: cita una scuola dei Gesuiti, ma me “la colloca” in via Bologna 40. Suvvia, Bonfiglio: oggi abito in questi paraggi e le assicuro che la scuola non c’è! Non c’è neanche un segno di una possibile presenza negli anni ’80.
Ma veniamo alla sostanza.
Ho scoperto, a lettura iniziata, che è il primo libro di una trilogia. La storia lascia qualche “sospeso”, ma il caso è chiuso. Il fatto che ho in lista questo autore è già un indizio: terrò d’occhio le prossime uscite per leggere anche il secondo. Insomma: m’intriga.
Ma sono un’amanita, perciò ecco le spore velenifere.
Tende ad infilare un po’ troppi dettagli. Non in modo esasperato come Dan <<Cianfruglione>> Brown, ma la lettura a volte richiede particolare attenzione.
L’onnipresente <<cigarillo>> dell’antropologo italo-americano Richard Setti, coinvolto da un amico poliziotto. Stai cercando di smettere di fumare. Va bene, abbiamo capito, dopo il terzo… piantala di dirlo (o ti consiglio il cigarillo come supposta: vedi che la voglia di fumare ti passa)!
In teoria è una Torino fine anni ’80. Io c’ero e non l’ho ritrovata fra le pagine. Secondo me, uno che vive negli States dovrebbe cogliere una Torino più provinciale, più retrò. L’ho percepito pensato dopo il 2010 e trasferito nel 1988.
Come? Rol? C’è, c’è… ma mica posso raccontarvi la parte migliore del libro!


lunedì 28 aprile 2014

L'Angolo dei nani e dei giganti#5 - La principessa e il drago

Ci sono favole e favole…abbiamo un drago che ha deciso di portare via un principe e tutti gli ingredienti giusti per farci volare nella fantasia.
Partiamo dall’inizio: un castello, una principessa innamorata, un principe, un drago che incenerisce il castello e rapisce il principe. Una principessa innamorata, tanto tanto innamorata e disposta a tutto per ritrovare il suo promesso sposo.
Cerca un abito (un sacchetto) per sostituire quello incenerito e parte all’inseguimento del drago. Persevera nei tanti tentativi di liberare il suo amato e finalmente ci riesce; unico problema, si trova davanti un principe ingrato, che invece di portarla in trionfo la denigra, perché sporca, mal vestita e puzzolente.
La morale: gli uomini sono tutti uguali, guardano solo le apparenze; speriamo arrivi sempre un drago ad aprirci gli occhi. Ma poi, siamo sicuri sia proprio una favola?
Storiella molto attuale, ottimi i disegni, molto simpatica la principessa coraggiosa.

Bambine state in guardia!

domenica 27 aprile 2014

L'Amanita#26 - Se ti abbraccio non aver paura


Se ti abbraccio non aver paura
Fulvio Ervas

Da una storia vera.
Il regalo ad un figlio autistico per “i diciotto anni”: un viaggio padre&figlio alla scoperta dell’America.
Commovente.
…e tutti gli aggettivi “amabili” di questo mondo. Ci sono pagine intense e ricche: non è facile vivere con la malattia, propria e di una persona cara. Non è facile scegliere di partire e vivere “on the road” per settimane.
Ma per quanto lo consigli, è un libro che non rileggerò.
Sono stufa di una “realtà malata”. Vivo sulla mia pelle una vita da disabile, almeno nei libri VOGLIO (e sì, lasciatemi usare questo verbo) evadere, volare via.
Nei “miei” libri non voglio malattie, almeno, non così protagoniste.
Ho bisogno di volare via, di vedere panorami diversi.
Una fuga, dite?
Sì.
E un bell'ecchissenefrega lo vogliamo aggiungere?
Lo so: pleonastico doppio complemento oggetto, con piena vertenza e deliberato consenso.

Non ho bisogno di un libro per conoscere una malattia, né per sapere che la realtà è diversa. Ho bisogno del libro per allontanarmene, seppur momentaneamente! 

mercoledì 16 aprile 2014

Segnalazioni editoriali#5 - Melchi, Vi racconto una storia

Un comunicato stampa nuovo di zecca, della Graus Editore, annuncia l'uscita ad aprile di un libro particolare:

Melchi - Vi racconto una storia, Graus Editore, Collana Tracce


Zafón all’ombra del Vesuvio
Il ventenne autore ischitano Sergio Schiazzano si ispira allo scrittore catalano
Tra sogno e realtà in una dimensione sospesa, dove sia i personaggi che lo stesso autore cercano la propria identità, Sergio Schiazzano, ventenne ischitano ispirato al grande scrittore spagnolo Carlos Ruiz Zafón, fa il suo ingresso nel mondo della letteratura con un romanzo di grande qualità. “La Storia da raccontare è, per uno scrittore, il vero scopo, l’obiettivo finale, il senso di tutta una vita spesa tra sogni e favole”. In uno dei passaggi importanti della sua narrazione Sergio Schiazzano ne chiarisce i contorni, i confini. Quello scrittore che è il protagonista di Melchi - Vi racconto una storia alla ricerca, appunto, della sua “Storia da raccontare”, che ha perso da qualche parte. Perché le storie, quando uno scrittore le ha trovate, è meglio tenerle saldamente in pugno. Si agitano, si dimenano e si rischia che scappino via. Un po’ Pirandello, come i sei personaggi che cercano un autore che li faccia vivere, qui è l’autore che cerca una storia da raccontare. La più bella. Quella per cui uno scrittore si può definire tale. La trama è avvincente. Melchi - Vi racconto una storia è lì, tra gli scaffali dell'Iperuranium, la libreria di Notorio; possiamo leggerlo alla luce di un lampione, tenuto sempre acceso da Giòmaria l'Elettricista, sullo sfondo di un'isola cristallizzata nel sogno, il cui mare è popolato di barche, tra le quali quella di Ettore e Antonio; guidati, nella lettura, dalla voce tonante del vecchio Rocchino, il Poeta. Una storia. La storia, ispirata da Melchi il cianfrusaio, illusionista, giocoliere, visionario. Schiazzano dimostra una padronanza della scrittura tipica dei grandi autori e la minuziosa e curata caratterizzazione dei personaggi rimanda alla complessa architettura dei romanzi di Umberto Eco.

L'autore: Sergio Schiazzano è nato ad Ischia nel 1993. Ha frequentato il Liceo Scientifico di Ischia ed attualmente è studente di Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Fin da bambino ama, al di sopra di ogni altra cosa, le storie tramandate e narrate. Ha ricevuto un riconoscimento in occasione del concorso “I 150 anni dell’Unità d’Italia – L’identità nazionale nella cultura, nell’economia, nel costume”, indetto dalla Fondazione Nazionale F.I.D.A.P.A.

Per approfondire la conoscenza del libro, eccone la pagina sul sito di Graus Editore.

lunedì 14 aprile 2014

L'Amanita#25 - Il profumo

Il profumo
Patrick Süskind

Nel diciottesimo secolo visse in Francia un uomo, tra le figure più geniali e scellerate di quell’epoca non povera di geniali e scellerate figure.

Avete mai sentito parlare di “fenomeno di ambivalenza”?
Eccomi: sono io di fronte a questo libro.
L’ho divorato.
Ma.
Già, ma.
Troviamo un quadro credibile della Francia del diciottesimo secolo.
Il dettaglio che affascina: come nasce un profumo. Ero incantata dalle “parti tecniche”: quanto lavoro per catturare un’essenza!
E cosa rende un profumo sublime? Bella domanda. La soluzione del protagonista è decisamente meno poetica.
Quello che inquieta: l’ossessione di un uomo per gli odori. Un essere senza essenza è un “naso” sopraffino, capta ed immagazzina ogni nota olfattiva eppure non emana odori. Dettaglio beffardo, già.
Anzi, Grenouille (sembra o no un batrace gracidante?) è inquietante. E lo è tutta la sua vita, dalla nascita non voluta alla morte grottesca e macabra.
Alcune pagine mi hanno fatto proprio schifo. Scusate l’espressione, ma mi si ribalta lo stomaco al solo pensiero. E ad altre ancora inorridisco.
Non mi riferisco alla “piccola mania” di uccidere fanciulle per carpirne l’essenza: l’omicidio è, paradossalmente, una componente <<normale>>. Leggo senza problemi di stomaco né di sonno “tipacci” come Patterson, Reichs, MacBride, Lindsay e compagnia bella.
Questo assassino che uccide senza spargimenti di sangue (né altre parti del corpo) è angosciante.

A fine lettura ero completamente KO. 

giovedì 10 aprile 2014

L'Amanita#24 - L'isola delle farfalle

L’isola delle farfalle
Corina Boman  



È un triste risveglio per la giovane avvocatessa Diana Wagenbach. Scopre che il marito la tradisce ed una telefonata la informa che la cara zia Emmely ha le ore contate.
Non le resta che fare i bagagli e prendere il primo volo verso l’antica dimora di Tremayne House, dove i suoi avi hanno vissuto per generazioni. Diana non può sapere cosa l’attende, non sa che in punto di morte la zia sta per consegnarle un terribile segreto di famiglia custodito gelosamente per anni.
Come in un rebus, con pochi, enigmatici indizi a disposizione, a Diana è affidato il difficile compito di portare alla luce tanti anni prima nel lontano Oriente, a Ceylon.
È un libro molto gradevole. Se vi piacciono i segreti di famiglia, figli ribelli e paesi esotici, gli intrighi con una pennellata rosa, serviti con “l’altalena del tempo”, questo libro fa per voi.
Anche se siete amanti del tea: Ceylon, sotto il governo britannico, si dimostrò particolarmente adatta alla coltivazione del tea, soprattutto l’Assam.
La famiglia Tremayne possiede una grande piantagione di Assam, tea che oggi ha il nome dell’isola di provenienza.
È il caso di dire che le sorti di una famiglia sono scritte nelle foglie del tea!
Rassicurati, Loredana: è un tea nero…  
Perché, o scrittori contemporanei, non riuscite a frenare l’impulso di altalenare fra passato e presente? Quando compro un libro… potrei avere un libro e non un puzzle?
(prometto, è l’ultima volta che mi lamento di questa “tecnica”)


lunedì 7 aprile 2014

L'Amanita#23 - L'anatomista

L’anatomista
Diana Lama

Su uno scoglio del lungomare di Napoli viene ritrovato il corpo nudo e mutilato di una giovane donna.
Tito Jacopo Durso: psichiatra, esperto profiler. Intelligente, gelido. La sua vita è stata segnata da un’oscura tragedia familiare.
Artemisia Gentile: psicologa, segue vittime di abusi e maltrattamenti. Anche nel suo passato ci sono fantasmi e ombre.
L’Anatomista: il bisturi è il suo pennello, le vittime il suo capolavoro.
Con una presentazione così…
È incontestabile: un bel libro truculento con sangue e “pezzi di corpi” a iosa.
Morboso e malato.
La trama è interessante: il confine tra bene e male è confuso e labile, non si distingue più il sano dal malato. Ma arrivare alla fine è stata un’impresa, l’ho trovato pesante e non ho ancora capito perché.
Forse troppi personaggi “in prima persona pensante”, anche parecchi “di sfondo”: a volte non sapevo più “chi ero”.
Troppe descrizioni specialistiche. Va be’, sarai l’Anatomista, “ti fo un applauso” per la tua bravura… ma metti almeno un disegnino, così non vado a cercarmi “L’atlante del corpo umano” per capire cosa stai facendo!
Dubbio atroce: sarà mica il primo di una serie?

Oh no, non ce la posso fare

giovedì 3 aprile 2014

Lo sport del doping - Guest Post#10

Tanti pensieri su questo libro affollano la mia mente, senza però avere la lucidità per partire da un punto.
Facciamo così: ho letto questo libro con una mia definizione alla parola SPORT, da grande sportiva quale mi reputo. Non perché io spicchi particolarmente, ma perché amo lo sport nella sua totalità. Tutto ciò che implica un movimento fisico mi attrae; pratico attività sportiva e cerco di seguire il più possibile tutte quelle attività che non pratico.
Leggere questo libro ha distrutto dentro di me tutta la “mia” visione e definizione alla parola sport.
Una cronologia di fatti, di nome , di situazioni che mai avrei potuto lontanamente immaginare riempiono queste pagine. Fa male psicologicamente leggere certe cose, soprattutto se distruggono una parte del tuo mondo.
Pensi che tanti traguardi di atleti più o meno conosciuti come immagine, come icone, siano frutto di lavoro, fatica,buoni allenatori e invece su queste pagine ti rendi conto che così non è.
Il solo fatto che sia stato fatto sparire un primo libro denuncia sul doping – campioni senza valore – vuol dire che tanti alti vertici avevano interessi che nulla trapelasse.
Leggendo ho inserito a margine annotazioni che avrebbero potuto essermi utili nella piccola recensione che sto scrivendo: ho deciso di non farne uso. Chi ama veramente lo sport e sarà incuriosito dal mio stucco, percorrerà le pagine proprio come ho fatto io: con tristezza, con indignazione, con paura, con perplessità, con rabbia. L’unica cosa che mi ha reso fiduciosa e speranzosa per avere finalmente uno sport “pulito” è che tra le tante righe siano stati fatti nomi che insieme a Donati hanno lottato denunciando.
Riporto qui di seguito una tra le prime frasi che mi ha fatto riflettere: al pubblico interessano le medaglie, tu sei in grado di raggiungerle con il solo allenamento?
Quindi mi chiedo: cosa stiamo insegnando ai giovani? Lo sport deve essere gioco, deve saper insegnare a perdere e a vincere, a socializzare, a esplorare le proprie capacità, il diritto di poter scegliere non di subire le scelte degli adulti.
Perdete qualche ora per leggere queste pagine, vi aprirà dei portoni anche su chi ci ha governato per tanto tempo nel passato.

Io voglio poter credere che il mio valore di sport nel mondo sia vero e non solo che regni nella mia fantasia.

L'Amanita#22 - Uno stupido angelo

Uno stupido angelo
Christopher Moore

Sottotitolo
Storia commovente di un Natale di terrore.
Avvertenza dell’autore:
Se state comprando questo libro come regalo per vostra nonna o per un ragazzino, sappiate che contiene parolacce, gustose descrizioni di cannibalismo e quarantenni che fanno sesso.
Poi non date la colpa a me.
Io vi ho avvisato.
Effettivamente c’è tutto questo.
Forse, da qualche parte, tra tanti personaggi “sciroccati” della tranquilla vita di provincia c’è anche lo stupido angelo Raziel, che ha l’incarico di <<fare una buona azione natalizia>>.
Un passo avanti rispetto all’orda di fusti da spiaggia alati che invade e satura il mercato; il ripetere “wow quant’è bono, wow quant’è super” non rende il fusto più angelico, ma soltanto più snervante.
Raziel vorrebbe tornare ai bei vecchi tempi: risolvere ogni problema con una bella distruzione catastrofica… con l’aiuto di un’ex attrice psicopatica evita la catastrofe ed arriva al lieto fine.
Ma il personaggio più bello è Roberto, il pipistrello della frutta coi Rayban e l’accento spagnolo – ebbene sì, parla!

Libro divertente.
Ancora di più se lo si legge a scrocco!

Ehm…Raziel, faresti una capatina in Italia? Ti diciamo noi dove risolvere il problema.

mercoledì 2 aprile 2014

Accabadora – L’ultima madre

La tappa della Sardegna del Giro Letterario d’Italia si è concretizzata in un libro che ho amato moltissimo, dal volto misterioso e liscio come una maschera levigata che non lascia appigli, e offre la stessa espressione decisa e svuotata di emozione, da qualunque angolo la si guardi. Basta scrutare un po’ meglio nel buio degli incavi per gli occhi per notare le ombre infinite e le passioni che scalciano impedite dalle catene della riservatezza, dei riti da rispettare, dal rifiuto di lasciarsi intimidire dal giudizio altrui. L’accabadora del titolo è una figura mitica, misteriosa e inquietante, il cui nome non viene pronunciato se proprio non si è costretti, e in quel caso si fa a occhi e voci bassissimi. E’ l’ultima madre, colei che accompagna i moribondi stremati da una vita che non vuole finire, che viene chiamata con discrezione dalla famiglia altrettanto moribonda per compiere un atto di terribile compassione difficile per liberare tutti. Entra ombra nera di notte, nella casa lasciata opportunamente aperta, mentre tutti si chiudono nelle loro stanze e nel silenzio più assoluto, e officia il suo terribile rito liberatorio. Per questo, e l’estrema riservatezza che la caratterizza, l’accabadora è temuta, amata e rispettata. Guai a chiamarla prima del tempo giusto, o spinti dall’avidità piuttosto che dallo strazio: è una donna accorta, usa a studiare i suoi simili vivi e morti, e capisce bene i sentimenti dietro gli occhi umani, per quanto addestrati a nasconderli. Non s’inganna la morte, e non la si piega ai propri fini. Se non è il momento, e non c’è compassione vera, l’accabadora lascia la casa senza esitazione, con uno strascico di maledizioni per chi ha creduto di sminuire il suo ruolo e il suo operato delicato. Queste sono le caratteristiche di Bonaria Urrai, ricca e anziana sarta di Soreni, nella Sardegna degli anni ’50. All’inizio del romanzo, compie un atto di vita: prende a vivere con sé, come “fillus de anima”, l’ultima figlia di Anna Teresa Listru, Maria, di soli sei anni, alleviando le condizioni economiche già molto povere della prima e spalancando le porte di un’altra vita e un’altra casa alla seconda. Maria è una bimba sveglia, silenziosa, intelligente e piena di iniziativa. “Quando la vecchia si era fermata sotto la pianta del limone a parlare con sua madre Anna Teresa Listru, Maria aveva sei anni ed era l’errore dopo tre cose giuste. Le sue sorelle erano già signorine e lei giocava da sola per terra a fare una torta di fango impastata di formiche vive, con la cura di una piccola donna. Muovevano le zampe rossastre nell’impasto, morendo lente sotto i decori di fiori di campo e lo zucchero di sabbia. Nel sole violento di luglio il dolce le cresceva in mano, bello come lo sono a volte le cose cattive.” (Michela Murgia, Accabadora, pag.3, Einaudi) 
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