martedì 29 gennaio 2013

Tutto quadra, adesso!

C'è una ragione per tutto...!
Come promesso, per almeno sei mesi niente più vampiri. Ma quando ho visto questa foto su Facebook non ho proprio saputo resistere. Qui c'è l'"antefatto di Twilight", se vogliamo vederla dal punto di vista di un furioso di libri, secondo cui i personaggi dei libri vivono di vita propria nonostante tu abbia chiuso la copertina, e non solo, conoscono anche quelli di altri volumi, e magari li incontrano pure. Harry Potter scongiura il morente Cedric di non andarsene in Twilight (che in inglese è anche crepuscolo, tramonto), diventando così il tenebroso vampiro Edward Cullen. E poi, avevo appena nominato entrambi qualche post fa...non c'è miglior chiusura dell'argomento, no? :-D

Buon Compleanno: 1 anno di libri!

29 gennaio 2012 - 29 gennaio 2013

Un anno di Furore!

Il seggio vacante – Nessuno è come sembra.


Non mi dilungherò oltre sulla trama, perché, da questo momento in poi, si dispiega una catena di azioni e reazioni, che porterà a due lutti, di cui un suicidio. Ho detto già troppo. Ogni azione e parola dei personaggi corrisponde ad una reazione emotiva quasi sempre negativa, che sfocia in una contromossa di perfidia. E non parlo solo degli adulti, presi nei loro giochi di potere politico, di seduzione o di prevaricazione. Tra i consiglieri colleghi di Fairbrother, compresi quelli all’opposizione, si scatena una guerra sotterranea fatta di sorrisi accomodanti, ed estenuanti strategie elaborate da soli o con altri di cui si cerca disperatamente l’alleanza. La seduzione coinvolge soprattutto la moglie di Miles Mollison, Samantha, che tenta di sentirsi nuovamente viva e ventenne, per sfuggire alla prigionia della vita asfissiante in un posto piccolo e compresso come Pagford. Fallito il tentativo di attirare l’attenzione del bellissimo marito della dottoressa Jawanda, Samantha tenta di consolarsi guardando un dvd musicale della figlia adolescente. La visione distratta viene improvvisamente risvegliata e calamitata da uno dei componenti della boy-band del momento, un bel giovanotto palestrato, poco vestito, e prodigo di sguardi languidi.

sabato 26 gennaio 2013

Il seggio vacante – Una notizia, reazioni diverse.


La notizia della morte di Barry Fairbrother (il cognome non è scelto a caso) si sparge in un lampo. Il secondo capitolo inizia proprio con una telefonata di uno dei personaggi, Miles Mollison, al padre, Howard Mollison, proprietario di un negozio  di salumeria molto frequentato. Sarà la prima di una fila di comunicazioni simili, accolte con reazioni diverse. Howard Mollison è stato avversario politico di Barry, poiché, da benpensante ipocrita e mellifluo come si scopre man mano, non condivideva il progetto di quest’ultimo di avvicinare sempre più la periferia degradata (The Fields) a Pagford, contaminandola. Simon Price, padre crudele, lavoratore meschino e intrigante, arrogante e pieno di disprezzo per il mondo, che rovescia su moglie e figli picchiandoli e insultandoli ad ogni sguardo storto, ne è quasi soddisfatto. Essendo un intrallazzatore di natura, aveva sentito di una serie di traffici sordidi in comune, per cui Barry Fairbrother intascava una sorta di “pizzo” (attribuzione tutta italiana, questa: l’inglese non conosce un termine così leggiadro per una pratica così sordida) da alcuni fornitori. Morto lui, gli balena in mente l’idea di prenderne il posto come criminale e farsi un po’ di soldi a spese della comunità.

giovedì 24 gennaio 2013

Il seggio vacante – No, mi spiace, qui non c'è nessun Harry Potter!


Quando ho visto la copertina per la prima volta, letto il titolo, l’autore, ho pensato: “cosa c’entra Harry Potter con un seggio? Si sarà fatto eleggere? E’ la storia della sua vita nel post-Voldemort?” Vergognandomi un po’ della mia banalità subito dopo. Come se un autore dovesse rimanere per sempre legato ai suoi personaggi, soprattutto se un po’ ingombranti come Harry e la sua cicatrice. Se ci penso meglio, tuttavia, la curiosità di sapere che sta facendo il mago, ormai padre di famiglia (se ben ricordo le ultime pagine de I doni della morte) riemerge, quando mi capita di leggere il nome della sua creatrice. No, non ho sniffato, bevuto cose strane, dato fuoco ai miei neuroni: è solo uno degli atteggiamenti dei lettori furiosi, di cui parlavo qualche tempo fa. Si entra nei libri, ci si lega ai personaggi, si vive con loro, e quando si chiude la copertina, si vorrebbe poter avere la possibilità di fare una telefonata ogni tanto, solo per sapere come sta andando…va bene, forse c’era qualche gusto strano nel the delle cinque, oggi. Tornando a J.K. Rowling e alla mia reazione un po’ stereotipata al suo nuovo libro, passato il rifesso-Potter, ho indagato in copertina di cosa si trattava. Siamo di nuovo in Inghilterra, nella campagna inglese, lontana da Londra. A prima vista, la cittadina di Pagford è l’ennesimo elemento della cartolina: casette dai colori chiari, fiori e giardini curati, tendine a fiocchi, un’antica abbazia sulla collina verdissima. Nulla di particolarmente originale. La prima scossa arriva con una morte, proprio all’inizio del libro: tre pagine in cui si descrivono gli ultimi istanti di vita di Barry Fairbrother, esimio cittadino di Pagford. Già nel secondo capitolo, si capisce che l’architettura stucchevole delle case, i giardini curati, le maniere educate, sono facciate belle che ricoprono intrighi, insensibilità, crudeltà giovanile, indifferenza, doppiezza, arroganza, superbia, disperazione e degrado, non solo fisico. Il negativo della fotografia panoramica da cartolina, vero?

lunedì 21 gennaio 2013

Breaking Dawn – Respiro trattenuto fino all’ultimo (da chi non respira più…)


L’atmosfera del libro si fa davvero pesante, angosciosa: i vampiri sanno che hanno infranto un tabù, per quanto non completamente, e non sanno quanto saranno ragionevoli i Volturi e quanto desiderio avranno di ascoltarli, prima di ucciderli. Non sono famosi per i loro gesti misericordiosi. Tuttavia, la famiglia Cullen non è disposta ad aspettare il suo destino con le mani in mano. Poco dopo la nascita e la crescita di Renesmee, Alice e il suo compagno Jasper scompaiono misteriosamente e in tutta fretta, non lasciando nessun indizio. Tutto ha l’aspetto di una fuga disperata, nel tentativo di salvarsi abbandonando tutto. Alice, tuttavia, lascia un indizio solo per Bella: sa bene che Edward non riesce a leggerle la mente, per cui non scoprirà tanto facilmente le intenzioni della sorella. Mentre si allenano a combattere, tentando di insegnare alcune tecniche il più velocemente possibile alla neonata Bella, cercano l’appoggio di altre comunità di vampiri, praticamente da tutto il mondo. La loro intenzione è quella di presentare Renesmee agli altri vampiri, sottolineando il fatto che la bambina cresce, e non è una terribile e pericolosa bimba immortale, il vero e proprio tabù della comunità. Cercano testimoni che facciano numero e che convincano, almeno temporaneamente, i Volturi a stare a sentire, prima di agire.

mercoledì 16 gennaio 2013

Breaking Dawn – Una via tortuosa verso la conclusione


Avevo detto basta con i vampiri. Tuttavia, non potevo tralasciare Breaking Dawn, che conclude la saga dei vampiri vegetariani più strani della letteratura a tema. Mi è capitato tra le mani, mentre stavo leggendo altro, e non ho potuto fare a meno di berlo tutto d’un fiato. In fondo, non è Spinoza: è un romanzo d’evasione, scritto facilmente, e con una trama semplice. Bella e il suo vampiro si sposano: il giorno del matrimonio è una gran festa, nonostante alcune facce dubbiose (il padre della sposa, per esempio), poco convinte delle spiegazioni fornite per giustificare la fretta del lieto evento, senza una gravidanza in vista, soprattutto. La festa del matrimonio viene movimentata un po’ da Jacob, il licantropo innamorato di Bella, che non riesce a digerire completamente l’amore vampiro della sua amica, e soprattutto la sua imminente trasformazione. La luna di miele, iniziata in modo abbastanza zuccheroso con l’attesa della prima volta da parte della ragazza, ha un brusco decorso verso la tragedia, dopo pochi giorni. Bella è incinta. E la cosa più sorprendente, oltre ad essersene accorta dopo pochissimi giorni, è che la creatura dentro di lei cresce a vista d’occhio. E mentre lei cresce, la madre deperisce e soffre. Questo precipita tutto nella tragedia: Bella è ancora umana, e la creatura dentro di lei è un ibrido strano, ma anche contro la legge, la legge dei Volturi. E’ proibito creare vampiri, e soprattutto bambini vampiri perché la loro giovane età potrebbe rivelarsi un pericolo, quando si tratta di controllare i propri impulsi di caccia. Non tutti i vampiri seguono la dieta speciale dei Cullen…la maggior parte ha gusti tradizionali.

lunedì 14 gennaio 2013

Storia proibita di una geisha – Quando i riti diventano carne.


Quello che mi colpisce delle parole di Mineko, è l’enorme importanza dei simboli, dei gesti, dei riti, che diventano davvero carne, e che sono rispettati profondamente. I rapporti tra le persone non sono molto spontanei: anche quando è bambina, Mineko impara a rivolgersi con rispetto, mortificando i lati più grezzi e subitanei del proprio carattere, per onorare e ringraziare i suoi maestri, e le persone che si occupano dei suoi abiti, del suo vitto, permettendole di esprimere il suo talento di danzatrice. Tutti coloro che vivono nel quartiere di Gion Kobu, vivono e lavorano solo in funzione della propria missione: raggiungere ed esprimere la perfezione. Le domestiche lavano, puliscono e purificano ogni punto della casa, come se ne andasse della propria vita. E quando non svolgono i loro incarichi al massimo, sono travolte dalla vergogna dei criminali. Ogni movimento della geiko e della maiko è fortemente ritualizzato, codificato. Se qualcosa non è sistemato bene, se non viene eseguito con il giusto movimento e la giusta grazia, la stonatura che ne deriva si ripercuote sull’artista, ma anche su chi l’ha aiutata, formata e addestrata.

venerdì 11 gennaio 2013

Storia proibita di una geisha – Un’apparente ironia e una determinazione feroce


 “Credo ci sia una grande ironia nella professione che ho scelto. Una per fetta geiko è sempre sotto i riflettori, mentre io ho trascorso la maggior parte della mia infanzia nascondendomi nel buio di un armadio. Una perfetta geiko fa uso di tutte le arti in suo possesso per soddisfare il suo pubblico, per regalare splendide sensazioni a ogni persona che incontra, mentre io ho sempre preferito attività solitarie. Una perfetta geiko è un elegante salice che si flette al servizio degli altri, mentre io sono sempre stata, per carattere, testarda, incline a contraddire tutti e molto, molto orgogliosa.” (Mineko Iwasaki con Rande Brown, Storia proibita di una geisha, Newton Compton Editori, pag.11) L’ho amata molto, subito. Un carattere indipendente, tignoso, una determinazione d’acciaio e talento da vendere. E questa sfida con se stessa, costante, immutabile, instancabile.  “Mentre una perfetta geiko è una maestra nel creare un’atmosfera di rilassato divertimento, io non amo particolarmente stare in compagnia. Una geiko che brilla non è mai, mai sola e io, invece, ho sempre preferito stare per conto mio.” (ibidem) A prima vista, si potrebbe dire che ha sbagliato mestiere. In realtà, era lei la geiko perfetta perché possedendo il talento artistico necessario e un atteggiamento caratteriale completamente all’opposto, ha saputo unire le due cose lavorando sui propri spigoli, senza fermarsi mai, ma rilanciando ogni volta con forza. Ha sublimato i suoi sforzi in un’espressione artistica unica, elevatissima, superando tutte le sue contraddizioni. “Bizzarro, vero? E’ come se avessi scelto deliberatamente la strada più difficile, quella che mi avrebbe costretto a confrontarmi con i miei limiti e a superarli. Effettivamente, se non fossi entrata nel karyukai penso che sarei diventata una monaca buddista. O chissà, una poliziotta.” (ibidem) In un paragrafo, Mineko fornisce la fotografia della propria essenza. Una vita al servizio dell’arte, che l’ha portata davvero a contrastare e a superare i propri limiti, in una lotta invisibile ma non meno feroce, per quanto combattuta sotto il cerone bianco e la seta voluminosa dei suoi kimono.

giovedì 10 gennaio 2013

Storia proibita di una geisha – Una vita in sfida continua!


Le prime pagine di un libro sono sempre importanti. In questo caso, già dalle prime parole, Mineko fornisce una mappa semplice ma efficace per guidare chi legge le sue parole all’interno della sua personalità, e all’interno di quel mondo etereo ma blindato delle “donne d’arte”, le geiko. Già a partire dalla sua scelta di parlare di sé e del suo mondo, si rivela una rivoluzionaria, una persona abituata ad andare controcorrente.  Il karyukai, il “mondo del fiore e del salice” è il mondo dove nascono (anche solo “artisticamente”), vivono, si addestrano e si esibiscono le geiko e le maiko (le danzatrici). E’ un quartiere che si trova in alcune città, come Kyoto, dove si coltivano e si gustano i piaceri delle arti concretizzati ed esibiti dalle donne. Nonostante la musica, la danza, e il frastuono dei banchetti, il silenzio è quello che contraddistingue il karyukai, che impone alle donne che ne fanno parte di non parlare di sé, bloccandole sotto il peso della tradizione, aumentando l’alone di mistero che già circonda tutto quello che riguarda le geishe. Mineko, tuttavia, non è una geiko “come le altre”: “Tuttavia sento che è venuto il momento di parlare. Voglio che sappiate cosa significa realmente vivere la vita della geisha, un’esistenza colma di enormi sfide professionali e di magnifiche soddisfazioni.” (Mineko Iwasaki con Rande Brown, Storia proibita di una geisha, Newton Compton Editori, pag. 7)

venerdì 4 gennaio 2013

Storia proibita di una geisha – Un mondo enigmatico


Il 2012 era l’anno del drago. Questo sarà l’anno delle donne…e io personalmente ho voluto iniziare da una figura particolare di donna, la geisha. Come dice molto bene una delle prime righe della definizione offerta da Wikipedia, le geishe sono ERRONEAMENTE assimilate a prostitute, soprattutto in Occidente. Sembra che noi Occidentali abbiamo una particolare predisposizione per commettere errori di questo genere…soprattutto quando si tratta di cose complesse e sfumate, difficili da inquadrare con un’etichetta sola, e possibilmente piccola e veloce. La geisha è una figura di donna molto raffinata, l’incarnazione della bellezza e delle arti, la padronanza del bello nell’aspetto, nelle forme e nei movimenti. Le foto che vediamo comunemente di geishe mostrano donne esili, dai volti bianchissimi da bambola come lineamenti e colori, coronate da acconciature spesse, pesanti, decorate e avvolte in kimono strettissimi e fantasiosi.  Non sembrano appartenere al nostro stesso mondo.
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