venerdì 28 settembre 2012

Uomini che odiano le donne – Perché?


Niente capita a caso, nella vita reale e nei libri. Soprattutto nei libri dove l’autore è l’unica autorità totale. I casi di violenza su donne sono un tassello che s’inserisce bene nella complicata vicenda delle indagini sulla scomparsa di Harriet. Non svelerò nulla del difficilissimo e paziente mosaico che si crea sotto le mani di Blomkvist e Lisbeth: è un’altra caratteristica del libro da gustare con calma, ammirando con quanta perfezione ogni tessera s’incastri nell’altra, fino a formare un disegno repellente, che ha un suo senso. Tutto viene spiegato, risolto, rivelato, pezzo per pezzo. E nemmeno tanto facilmente o con serenità. Ai due protagonisti non viene risparmiato l’incontro con l’anima nera che sta dietro a quel disegno, l’unica sopravvissuta di un’intera congrega di anime nere piene d’odio per chiunque non fosse loro: donne, stranieri, altri colori di pelle. Suona familiare? Negli anni ’30-’40 del secolo scorso, c’era chi costruiva arringhe deliranti e urlate su quegli argomenti…

giovedì 27 settembre 2012

Uomini che odiano le donne – E che odio…


Mikael Blomkvist si trova a scartabellare molto materiale, messo a disposizione da Henrik Vanger: fascicoli di indagini che dovrebbero essere più o meno segreti, foto, diari dell’epoca, le annotazioni dello stesso ex magnate. La vicenda dell’indagine privata parte lenta e costante, e già subito piena di ostacoli. Sembra che ogni pista nuova si concluda davanti ad un muro. E ancora nessuna traccia dell’odio del titolo. Stavo cominciando a domandarmi perché l’autore avesse intitolato il suo libro in questo modo, oltre a qualche ragione di marketing per attrarre il pubblico. Il giornalista non odia affatto le donne, tutt’altro. Le apprezza particolarmente, e loro ricambiano anche con trasporto, prendendo anche iniziative nei suoi confronti. Allora? Mentre Blomkvist accetta riluttante la proposta, entra in scena in sordina un altro personaggio, molto singolare, Lisbeth Salander. E’ una giovane venticinquenne, a prima vista una sbandata: fisico asciutto da adolescente (l’esatto contrario di un certo stereotipo di stangona formosa biondo lino estremamente generosa e disponibile, che si poteva trovare in alcuni film italiani di serie B), capelli corti, piercing e tatuaggi, abbigliamento dark punk, nessuna predisposizione al sorriso, fasciata di rabbia verso il mondo. Non esattamente Miss Accoglienza 2012.

martedì 25 settembre 2012

Uomini che odiano le donne – Il mistero, prima dell’odio.


Naturalmente, della questione si è occupata la polizia, senza raggiungere nessun risultato. Semplicemente, non era possibile scoprire niente di niente. Il fiore apparteneva ad una specie abbastanza comune in Australia, e in Nuova Zelanda, e raramente coltivata in Svezia, il paese dove si svolge la vicenda. Le buste che contenevano i quadretti avevano timbri postali provenienti da tutto il mondo, oltre Stoccolma, ma sempre senza nessuna impronta. Prima che questo decennale mistero lo mandi davvero fuori di testa, l’anziano destinatario del bizzarro regalo, decide di rivolgersi a qualcun altro per farsi aiutare. E’ una persona ricca, potente, autorevole, ex guida di un grande gruppo industriale svedese, il Gruppo Vanger, con interessi in tutto il mondo: Henrik Vanger. Come aiutante, sceglie un ambizioso e veloce giornalista, Mikael Blomkvist, capo redattore di un giornale controcorrente perché indipendente, Millennium. L’anziano ex industriale convoca Blomkvist dicendogli di volergli affidare un compito molto delicato, un rebus che si nasconde all’interno della sua famiglia,  che nessuno è mai riuscito a risolvere: la scomparsa, e la probabile uccisione, della sua adorata nipote Harriet, avvenuta circa quarant’anni prima. Non ha mezzi termini, Vanger: è profondamente convinto che qualcuno, un familiare, abbia commesso un omicidio e sia rimasto impunito per tutti quegli anni. Non va tutto liscio e facile, comunque. Blomkvist non si lascia convincere docilmente.

lunedì 24 settembre 2012

Uomini che odiano le donne – Quando si dice la provocazione.


Magnifico. Da moltissimi punti di vista. Il titolo, LEGGERMENTE provocatorio, mi aveva subito attirato, indispettito, fatto infuriare. Tutto questo prima ancora di posarvi sopra una mano, figuriamoci leggerlo. Uomini che odiano le donne? Sì, lo so. Come si permettono? Come osano? La mia immaginazione si era già scagliata furibonda contro questi personaggi di “odiatori”. A proposito, il termine esiste: ho controllato in Rete, e anche sul bellissimo e quasi preistorico (per questa era di Web 2.0) Zingarelli cartaceo. Senza scomodare la cronaca, che è troppo piena di manifestazioni tragiche e concrete di questo odio, tutti noi abbiamo avuto o abbiamo ancora sotto gli occhi una situazione simile, anche se molto più leggera di quella descritta nel libro (c’è da augurarselo, almeno). Io ne ho vissute un paio, e il sapore e l’odore di quella realtà sono untuosi, sgradevoli. La premessa del mio incontro con questo libro era già di pregiudizio ben formato e costruito. Cosa c’è di meglio, come dicevo in un post precedente, che demolire un pregiudizio a forza di lettura? Dovevo leggere il libro, anche solo per ricacciare indietro il fantasma. Fin dalle prime pagine, sono stata catturata subito dall’atmosfera, e dallo stile. Stieg Larsson, l’autore, nasce come giornalista e ogni parola lo evidenzia molto bene (così come la traduzione).

venerdì 21 settembre 2012

L’esposizione alla conoscenza causa danni ai pregiudizi.


Se vedessi un’immagine del genere stampata sulla copertina di qualche libro, nello stesso formato e grafica degli avvisi anti-fumo sui pacchetti di sigarette, non potrei smettere di ridere per un po’ di tempo.  A dire il vero è accaduto proprio così, ma essendo da sola e seduta alla mia scrivania, nessun altro essere umano si è preoccupato della mia salute mentale e ha contattato la sezione Neuro dell’ospedale più vicino. Dopo aver smesso di ridere, mi si è innescata una riflessione libera, che ha preso strade diverse. L’esposizione alla conoscenza danneggia i pregiudizi e le superstizioni, più o meno gravemente, a seconda di quanto siano radicati, e di quanto siamo disposti a farceli abbattere. La conoscenza, di per sé, ha sempre affascinato e fatto nascere paure e sospetti, perché conoscere attribuisce potere a chi s’informa, studia, sa. Tantissime persone, nel corso dei tempi, si sono arrogate il monopolio geloso della conoscenza, come se questa fosse una mela d’oro in premio per i più meritevoli, per coloro capaci di amarla, rispettarla e gestirla. Qualcuno se l’è arrogata per impedire che la conoscenza attribuisse anche il potere di usare la propria testa e il proprio ragionamento per scegliere per sé, senza uniformarsi. Seguendo questo iter, mi è venuto da pensare al Savonarola, e al “falò delle vanità” che i suoi seguaci fecero allestire nel 1497 a Firenze. Tra gli oggetti, opere d’arte (comprese alcune di Botticelli, che il pittore medesimo lanciò tra le fiamme), finirono anche diversi libri, considerati immorali e pervertitori dei costumi. E qui è difficile non pensare all’altro famosissimo rogo dei libri, avvenuto nel secolo scorso nella Germania nazista, il cui scopo era prevalentemente suscitare l’odio antisemita.  Se i libri contengono verità e conoscenza, chi li distrugge odia la conoscenza, o comunque si ritiene in pericolo a causa di questa. Molto probabilmente, il suo spirito è debole e le sue capacità di ragionamento e di discussione poco allenate, da non saper difendersi dall’influsso delle parole scritte di qualcun altro. Oppure, andando ancora più in profondità, quelle parole di conoscenza vanno a urtare corde molto sensibili, e a risvegliare dubbi repressi, che chiedono spazio e ascolto. Per ironia della sorte, oggi è il “compleanno “ di Savonarola, e apprendendo velocemente su Wikipedia che la pratica del rogo dei libri è qualcosa di ricorrente nella storia umana, che si verifica in ogni tempo e luogo, mi è caduto l’occhio su questa frase di Heinrich Heine: “Dort, wo man Bücher verbrennt, verbrennt man am Ende auch Menschen…” (laddove si bruciano i libri, si termina bruciando anche esseri umani), che suona come una profezia sinistra che si è avverata. Savonarola terminò i suoi giorni sul rogo, e i nazisti non scamparono tutti al fuoco della guerra che loro stessi avevano iniziato. Chi libro brucia, brucia come libro? J

mercoledì 19 settembre 2012

La necessità dei libri - Sempre!


Di nuovo Facebook. Nel senso che l’immagine che oggi mi ha fatto riflettere e sorridere è emersa allegramente dal mare immenso di scambio che è il social network.  Si può dire di tutto, e si è detto di tutto su Facebook, irritante e adorabile nello stesso tempo, ma ogni tanto tira fuori vere e proprie perle, come questa.  Non è nemmeno così negativo come sembra, ha pur sempre un “libro” nel suo nome…J In ogni caso, questa frase, che afferma che le biblioteche non sono un lusso, ma una necessità, mi trova più che concorde. E questa non è una novità che può spingerci a chiamare i giornali, lo so. E’ piuttosto chiaro e accertato che i libri sono per me una necessità, e vedere che qualcuno, lontano nel tempo e nello spazio come Henry Ward Beecher, riecheggia così bene i miei pensieri e anche le mie passioni, mi fa provare un senso di “appartenenza” e di affinità. San Google mi ha velocemente indirizzato verso la pagina wikipedia di Henry Ward Beecher, per capire chi fosse. Fu un bel personaggio interessante: un politico statunitense, sostenitore del suffragio universale, dell’abolizionismo e dell’evoluzionismo darwiniano. Una delle sue sorelle fu Harriet Beecher Stowe, l’autrice de “La capanna dello zio Tom”. Un vizio di famiglia, l’apertura mentale e della propria vita. Non meraviglia che il sig. Ward Beecher sostenesse la necessità dei libri. Nella mia vita sono altamente necessari: per capire, vedere, provare, esplorare, conoscere, riflettere, ampliare, anche arrabbiarsi, talvolta. Alcuni libri contengono verità scomode, anche solo per se stessi, perché vanno a rischiarare e a pungolare quelle zone in ombra che non è poi così bello far emergere. Una volta fatto, però, si prova sollievo. Ogni tanto, dopo qualche esperienza del genere, ed “esserci sopravvissuta”, mi fa poi dire: “tutto qui? Il mostraccio repellente è poi un cumulo di polvere, vedo…”

giovedì 6 settembre 2012

Magnetismo Personale - E’ l’amore che conta


Un libro che si è rivelato una calamita, un “magnete”.  Avevo già comprato diversi titoli, pensavo di essere “a posto” per qualche tempo (dovrei smetterla di raccontarmi queste frottole, ormai sono grande…J), ma quando ho guardato la copertina di questo libro, ho deciso che doveva venire via con me. Secondo me, chi ha deciso la sua veste grafica, nella casa editrice che l’ha pubblicato, ha fatto anche un buon lavoro estetico: il libro è in formato A5, di dimensioni più piccole del consueto, con una rilegatura spessa, e un cordino segnalibro dorato all’interno. L’aspetto è quello di un libro d’altri tempi, “magico”, e per questo attraente come un magnete. L’attrazione continua anche all’interno, nei contenuti. Il linguaggio ha un sapore d’altri tempi, ed ha un ritmo pacifico, calmante. A prima vista, si direbbe un altro degli innumerevoli libri di “auto-aiuto”, che insegna le tecniche per riuscire nella vita e avere successo, denaro. Dispensa consigli su come comportarsi, dettati dal buon senso, fino ad assomigliare, in alcuni punti, ai manuali di comportamento e di educazione così prolifici nei secoli scorsi. Persino nelle letterature antiche, di ogni latitudine, dai Greci ai Vichinghi, esistevano opere che istruivano a diventare uomini accorti e saggi, guerrieri valenti, persino mogli (e nuore) efficienti. Al di là di tutti i consigli e le istruzioni fornite dal libro, l’autore indica abbastanza presto da quale premessa deve muovere l’uomo o la donna che intenda avere “magnetismo” e voglia attrarre successo, fama e stima altrui.
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